Ci sono dunque tempi ridottissimi per organizzare tutto quello che c’è da organizzare per il passaggio di attribuzioni, assicurando contemporaneamente il funzionamento degli uffici.
Per il momento però vogliamo richiamare l’attenzione sul destino degli archivi storici detenuti dalle DTEF.
Presso le sopprimende Direzioni territoriali, infatti, è conservato un numero considerevole di fascicoli relativi alla pensionistica di guerra che contengono documentazione storica praticamente unica, o ormai introvabile altrove, relativa al periodo compreso tra i due conflitti mondiali.
Questi fascicoli, nati per verificare l’esistenza del diritto ad un risarcimento nei confronti di soggetti che abbiano richiesto un beneficio pensionistico per menomazioni psico fisiche subite durante le due guerre mondiali o nel corso degli altri conflitti che in questo lungo arco di tempo hanno visto coinvolta l'Italia, costituiscono oggi una potenziale miniera di informazioni preziosissime relative ad un periodo pari almeno alla metà dell’intera esistenza dello Stato italiano.
Il timore che abbiamo, in questo momento, è che le esigenze operative dei nuovi uffici possano far passare in secondo piano, se non trascurare del tutto, l’importanza dal punto di vista storico documentale di questi archivi, nonché di quella dell’ancora più consistente archivio della Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro, anche se il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D. lgs. 22 gennaio 2004 n. 42), dispone chiaramente che anche gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente o istituto pubblico, nonché le cose immobili e mobili che presentano interesse archivistico, sono beni culturali a tutti gli effetti.
Temiamo, insomma, che la scarsità di spazi disponibili a basso costo ed il poco tempo a disposizione per reperirli, possa portare a focalizzare l’attenzione sulla sola documentazione più recente a scapito di quella più vetusta che, proprio perché ritenuta (peraltro a torto) meno essenziale per le finalità operative degli uffici, rischierebbe forse di essere destinata ad un macero tanto frettoloso quanto esiziale per le opportunità di approfondimenti storici che potrebbe offrire agli studiosi.
E’ proprio l’attenzione degli studiosi che qui vogliamo richiamare, quegli studiosi che già hanno cominciato a guardare con interesse a questi archivi e che rischiano ora di passare, senza soluzione di continuità, dai dinieghi legati alla normativa sulla privacy, a causa della natura “sensibile” dei dati contenuti in tali archivi (che limiterebbe l'autorizzazione all'accesso ai soli documenti vecchi di almeno settant'anni), alla distruzione improvvisa e totale di tale preziosa documentazione.
Eppure in questi fascicoli è raccontato uno spaccato di storia italiana che riguarda tutti noi, non solo la storia raccontata dalle battaglie e dai trattati, ma anche quella vissuta dalla gente comune, dai “ragazzi del ’99" mandati al fronte nella grande guerra, ai “volontari” che hanno combattuto durante la guerra civile spagnola, ai bambini infortunati per aver giocato con ordigni bellici dissimulati da giocattoli, ai perseguitati per le loro idee politiche, che siano poi diventati postini o Presidenti della Repubblica, a uomini che hanno inseguito la libertà o creduto di inseguirla combattendo su fronti opposti, quali i partigiani e gli aderenti alla Repubblica di Salò, a persone la cui unica colpa era quella di appartenere alla razza ebraica, agli italiani, civili e militari, internati nei campi di sterminio nazisti KZ, dai quali pochissimi hanno poi fatto ritorno, ecc.
Se sulla storia italiana degli ultimi tre secoli si è potuto dedurre tanto dallo studio dei soli registri parrocchiali, immaginate quale ricchezza di informazioni vi sia in questi fascicoli, nei quali singoli avvenimenti sono stati documentati nella maniera più variegata e dettagliata, con testimonianze e con documenti amministrativi, da fogli matricolari a rapporti dei carabinieri, a certificati penali, a ritagli di giornali, a richieste di giustizia rivolte al Duce, a intimazioni e prove documentali di ogni genere, il tutto rappresentato secondo gli stili e le forme dell'epoca.
Una nazione che si voglia bene, che sull’analisi della storia comune basa giustamente la vocazione ad un futuro migliore per i propri figli, dovrebbe avere a cuore le testimonianze della propria storia ed assicurarsi che non vadano perdute.
Se sono davvero così importanti perché dovrebbero distruggerli?
RispondiEliminaPer cancellare la storia ...
RispondiEliminaPerché a furia di tagliare per risparmiare non guardano nemmeno più quello che buttano via
RispondiEliminaOrmai sulla guerra è stato detto tutto.
RispondiEliminaChe altro può esserci di tanto importante in quegli archivi? La roba vecchia si butta via
"La roba vecchia si butta via"....
RispondiEliminaCerto! Cominciamo da Pompei!....
Per mantenere gli archivi servono soldi e se bisogna risparmiare è più facile farlo a spese degli archivi: loro mica si lamentano!
RispondiEliminaPer studiarli poi servirebbero altri soldi, tempo, fatica e persone: se invece si eliminano gli archivi si eliminano anche questi problemi.
Ma adesso si può consultare quel materiale?
RispondiEliminaDipende. Gli accessi a fini storici devono essere autorizzati come prevede la legge e sono limitati alle pratiche "definite". Anche se di solito non ci si pensa ci sono ancora tanti pensionati di guerra e tanti familiari (vedove e orfani inabili) per i quali le pratiche sono tuttora "correnti"
RispondiEliminaSono interessantissimi anche gli archivi del Servizio Depositi Cauzionali e Amministrativi, in cui c'è più di un secolo di storia dell'economia italiana.
RispondiEliminaDove si trovano gli archivi del Servizio Depositi Cauzionali e Amministrativi? Come sono custoditi?
RispondiEliminaLa Dtef è un organo periferico dello Stato, quindi rivolgetevi all'Archivio di Stato.
RispondiEliminaAnche l'Archivio di Stato ha problemi di spazio. A volte i documenti vengono ceduti all'AdS solo "virtualmente", lasciandoli però in custodia all'Amministrazione che li aveva (specie se sono tanti).
RispondiEliminaCosì l'Amministrazione rimane ... bloccata, non si libera dei fascicoli e non può più gestirli. Allora si capisce che la tentazione di buttare via e basta è forte.
è sconcertante che chiudono un ufficio (la DTEF) di vitale importanza territoriale in quanto rappresenta l'incontro tra il MEF e il cittadino.
RispondiEliminaE' ancora peggio che in prossimità della chiusura sia ancora tutto da decidere: dove mettere i fascicoli e come, chi farà che cosa e chi darà istruzioni, coordinerà e controllerà.
RispondiEliminaPoi hanno il coraggio di parlare pure di efficienza e produttività del pubblico impiego.
Con che coraggio (e in che modo) valuteranno i nuovi uffici mandati allo sbaraglio e i vecchi uffici messi in disarmo con tanta fretta?