Il 12 novembre scorso il Financial Times ha pubblicato un articolo riguardante la valutazione dei titoli pubblici dei Paesi della CE, commettendo dei grossolani “errori materiali” a proposito della situazione italiana.
Il Direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli, è intervenuto però tempestivamente sulla questione, indirizzando una lettera al giornale per correggere gli errori apparsi nell’articolo.
Secondo quanto riportato dal quotidiano "IL SECOLO XIX" di martedì 16 novembre 2010 Grilli denuncia, infatti, che nel testo dell`articolo si commette un «evidente errore tipografico, scrivendo Italia al posto di Irlanda» e al tempo stesso si propone un grafico sullo spread dei titoli dei due paesi rispetto ai bund tedeschi che è «grave e fuorviante». Con la scala utilizzata nell`articolo, sottolinea Grilli, «il lettore riceve una percezione distorta della realtà», laddove, come emerge dal grafico fornito dal Tesoro e pubblicato ieri, lo spread dei titoli di Dublino è sempre stato dal gennaio 2009 nettamente superiore a quello dei corrispondenti titoli italiani a dieci anni.
Ricordiamo, in proposito, che lo spread misura la fiducia che il mercato finanziario ha in un Paese, o meglio nella sua capacità di pagare i debiti contratti con i titoli di Stato.
In termini finanziari, infatti, per spread si intende il differenziale tra il tasso di rendimento di un'obbligazione caratterizzata da rischio di default e quello di un titolo privo di rischio, e lo spread (in inglese: oscillazione, scarto) viene aggiunto al costo del denaro per determinare il tasso nominale nelle operazioni di prestito fiduciario ipotecario.
E’ evidente come pubblicare notizie errate sulla situazione finanziaria di un Paese, tanto più in un momento di diffusa crisi economica quale quello attuale, può avere notevoli ripercussioni negative sull’economia di quel Paese; può addirittura scatenare una crisi di sfiducia da parte dei mercati che senza quelle informazioni “errate” non vi sarebbe stata.
Influenzando negativamente la percezione di affidabilità di un Paese, infatti, lo si può costringere ad un ingiustificato aumento del costo del denaro.
In definitiva, le calunnie possono provocare un danno economico immediato ad un Paese, anche quando queste calunnie sono provocate da “errori tipografici”.
Non ci sembra cosa da poco conto, tanto che non possiamo fare a meno di chiederci come un quotidiano economico tanto autorevole e a diffusione internazionale abbia potuto incorrere in un “errore” così grossolano; come possa permettersi il lusso di pubblicare notizie infondate senza timore di perdere la propria credibilità e se, in quanto accaduto, non possa addirittura essere ravvisata una qualche ipotesi di dolo.
Quest’ultima ipotesi, naturalmente, fornirebbe una chiave di lettura del tutto diversa dell’accaduto, tanto più se aggiunta ad un’altra notizia, quella secondo la quale la Germania avrebbe richiesto il coinvolgimento degli obbligazionisti (in pratica dei possessori di titoli Stato) nella ristrutturazione del debito dei Paesi membri che si trovino sull’orlo della bancarotta, mentre il fondo di stabilità dell’UE dovrebbe intervenire soltanto successivamente.
Ci chiediamo, in conclusione, se le azioni della Comunità europea siano veramente rivolte a salvaguardare la stabilità e la crescita dell’Unione oppure se, alla spregiudicata speculazione dei mercati, non si stia aggiungendo quella di singoli Stati con ataviche ambizioni di supremazia.
Link correlati:
L'articolo de Il Secolo XIX
Riferimenti anche sul corriere della Sera
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