La Pubblica Amministrazione vista dal Pubblico Impiego

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sabato 31 agosto 2013

La burocrazia ... in porto


Civitavecchia: dal Porto alla Stazione

Chi scrive ha avuto la ventura (o sventura), la scorsa settimana, di sbarcare da un traghetto a Civitavecchia dopo le 21. 
Poco importa se ciò è avvenuto per via della mezz'ora di ritardo dell'arrivo del traghetto rispetto all'orario previsto (cosa diventata ormai consueta, a detta di chi utilizza quel mezzo di trasporto con una certa frequenza). 
Poco importa (si fa per dire) se a causa del ritardo è sfumata la coincidenza con il treno Freccia Bianca che avrebbe raggiunto la stazione Termini in circa 30 minuti. Si può prendere il treno successivo. 
Peccato che il treno successivo, in partenza mezz'ora circa più tardi, fosse un regionale che per percorrere la medesima tratta impiega tre volte il tempo che occorre al Freccia Bianca. Ma questo è ancora nulla. In Italia siamo abituati a questo genere di disservizi che ci fanno apparire, agli occhi dei turisti non solo occidentali avvezzi a ben altri criteri organizzativi, un paese da terzo mondo (senza offesa per i Paesi del cosiddetto terzo mondo). 

La cosa peggiore, quella che ti fa cadere le braccia e alzare al cielo occhi increduli, è stata però la navetta, ovvero il bus che avrebbe dovuto portare i passeggeri, carichi di bagagli,  dal porto fino alla stazione ferroviaria, distante circa un chilometro,
permettendo ai passeggeri finalmente sbarcati la prosecuzione del viaggio senza ulteriori disagi (chi ha viaggiato su un traghetto stipato all'inverosimile di gente urlante, che si accalca per guadagnare i primi posti all'uscita in vista dello sprint finale verso la stiva-garage, pur sapendo che la precedenza viene data ai passeggeri privi di automezzo, sa di che cosa si parla).

In proporzione, il tragitto che separa la nave dalla stazione ferroviaria è stato infatti più lungo,  disagevole e faticoso dell'intera traversata per mare, e non soltanto per via del tortuoso e lungo percorso che obbliga i passeggeri a passare anche all'uscita dalla nave (!) attraverso i varchi per i controlli di sicurezza (ovviamente non presidiati, visto che passeggeri e relativi bagagli sono già stati controllati alla partenza).  La vera e spiacevole sorpresa è stata scoprire che il bus navetta avrebbe scodellato il suo "prezioso" (si fa per dire …) carico umano ai cancelli del porto, non avendo l'autorizzazione a varcarli dopo le 21, nonostante ciò non sia specificato sulla pagina ufficiale di Port Mobility S.p.A. (che secondo quanto affermato nel sito stesso,  svolge il servizio in esclusiva per l'Autorità Portuale all'interno del Porto di civitavecchia); viene affermato invece che il servizio è coperto "tutti i giorni dalle ore 05:30 alle ore 23:00 o comunque dopo l'arrivo/partenza dell'ultima nave", anche se viene pure comunicato in maniera vaga che "Tale servizio è disponibile per i passeggeri che sbarcano dalle navi fino all'uscita del porto o alla stazione ferroviaria o ai parcheggi all'interno del Porto dove hanno lasciato in sosta le proprie auto". Quali siano i criteri da cui scaturiscono le alternative esposte, non è dato sapere. Taxi non ne abbiamo visti. Conseguenza inevitabile nel nostro caso: percorrere a piedi, trascinando i bagagli, il tragitto che separa l'entrata del porto dalla stazione ferroviaria (più rampa di gradini per arrivarci).

Voci di popolo hanno affermato che azioni di forza di tassisti privati, desiderosi di accaparrarsi clienti serotini privi di automezzo proprio, abbiano costretto le autorità a cedere al ricatto e prendere questo insano  provvedimento. In realtà non abbiamo conferme sulle reali motivazioni di queste disposizioni, ma abbiamo constatato di persona la aberrante realtà dei fatti. 

Nessun preavviso, nessun cartello, magari multilingue, vista la presenza di turisti stranieri (che proprio non capivano, e come biasimarlil?) e l'incapacità totale mostrata dal conducente della navetta di fornire informazioni anche solo in un inglese rudimentale.
Che dire? Che non è stato piacevole trascinare i bagagli (fortunatamente dotati di rotelle) dall'entrata del porto fino alla stazione? che considerando il tempo di attesa trascorso sulla navetta, quello del percorso fino all'entrata del porto, quello per il tragitto fatto a piedi, quello per fare la fila davanti all'unica emettitrice di biglietti funzionante alla stazione e per raggiungere il binario giusto coi bagagli, poco è mancato che sfuggisse anche l'agognato treno regionale? che arrivati alla stazione Termini, molto più tardi del previsto, il viaggio era tutt'altro che terminato? Bazzecole, in confronto allo scandalo che è alla base di tutti questi disagi, vale a dire privare un porto come quello di Civitavecchia di un collegamento pubblico diretto e rapido con la stazione ferroviaria anche dopo le 21. Tutto il resto è conseguenza di questo semplice quanto deleterio provvedimento. 

Che almeno se ne parli, nella speranza che un'indignazione diffusa convinca le autorità competenti a riflettere e a ritornare sulle proprie nefaste e incomprensibili decisioni. Ce lo auguriamo per il bene di tutti e in particolar modo per recuperare, magari in extremis, l'immagine che da quel porto diamo al mondo sulla capacità organizzativa e sull'accoglienza italiana. Pubblica.


Link correlati:

Porto di civitavecchia - traghetti
Servizi Port Mobility
SI TRAGHETTO - CENTRO PRENOTAZIONE TRAGHETTI
Eco di roma.org
Portale Città di civitavecchia e dintorni

mercoledì 12 giugno 2013

Ma quali assenteisti!



In tempi di revisione dei conti e taglio delle spese inutili (dicono loro e forse per questo la chiamano “spending review” per non farci capire nulla) è il caso di segnalare una notizia da ventottesima pagina su uno dei principali quotidiani nazionali per tiratura, in un sabato dedicato al primo vero sole e le faccende domestiche.
L’INPS, per effetto della legge di stabilità, taglia il numero di visite fiscali ai lavoratori dipendenti riducendole dalle 900mila del 2012 alle 100mila previste nel 2013. Questo perché si sono accorti che la spesa ha totalizzato 50 milioni di euro (cinquantamilioni!).
Ora qualcuno dirà, certo il falso malato avrà gioco facile, poche risorse, pochi controlli, però utilizziamo questi denari per imporre meno tasse.
Non è proprio così, perché chi ha preso questa decisione lo ha fatto sulla base di una stima assolutamente errata del fenomeno dell’assenteismo per malattia dei lavoratori dipendenti.
Infatti un organismo terzo, quindi non impastoiato nelle mote della politica nazionale, ovvero il Fondo Monetario Internazionale, certifica, in uno studio del 2010, che in Italia nel periodo 2000/2008 l’assenteismo per malattia dei lavoratori dipendenti è stato per i privati del 1,6%, e per i pubblici del 2% sul totale. Questo dato è inferiore alla media europea e, udite udite, più basso di quello registrato nella rigorosa Germania.
Crediamo a questo punto che sia il caso di ricordare quale voluminosa e a tratti astiosa campagna mediatica sia stata scatenata dall’allora ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta, nei confronti dei lavoratori pubblici, ed in particolare dei famigerati STATALI.
Questa campagna, ad onor del vero non prima, è semplicemente servita a procrastinare per l’ennesima volta i rinnovi contrattuali e a lesinare risorse in un comparto che, svilito e svuotato di qualsiasi nerbo e personalità, messo alla berlina e dileggiato da chiunque, è sostanzialmente impossibilitato a combattere ad armi pari contro il privato che avanza.
Infatti gli ospedali collassano, le scuole cascano, i tribunali si ingolfano, le strade si scassano, i tempi dei rimborsi si allungano, le pratiche si accatastano, le volanti della polizia si fermano, e per carità di Patria ci fermiamo qui.
Aggiungendo ovviamente, che in questo marasma ci rimettono sicuramente i meno abbienti, i meno protetti, insomma tutti quelli a cui uno Stato dovrebbe pensare per primi e non lasciare per ultimi.
Ora delle due è una: o si era totalmente all’oscuro di dati e funzionamento della macchina statale in generale e del lavoro pubblico in particolare (per cui non si capisce in base a quale competenza uno sia nominato Ministro), oppure si mente sapendo di mentire con lo scopo di perseguire scopi inconfessabili.
Non c’è particolare accanimento verso Renato Brunetta, ripetiamo che non è stato l’unico Ministro a fare uscite del genere, ma certo si è distinto molto nello sport nazionale del “tiro allo statale” e dunque non se ne avrà a male se, parte di quei cinquantamilioni di euro li vorremmo indietro, magari per retribuire qualche precario o esodato che di questi tempi se la passa davvero male.


Link correlati:

Comunicato stampa della Funzione Pubblica sulla sospensione delle visite fiscali disposte dall'INPS (ma non per il pubblico impiego) 

La Repubblica - Riscontrato solo il 9% di falsi invalidi 

Vita.it - Solo il 9% di falsi malati - Le Visite fiscali dell'INPS smentiscono un luogo comune italiano 

Mondo economia - Pochi falsi invalidi: l'INPS taglia le visite fiscali 


Anche nel trevigiano "deludenti" le visite fiscali INPS 

INTOPIC.IT - forum sulle visite fiscali 

domenica 21 ottobre 2012

Petizione al Presidente Napolitano

per salvare gli archivi storici delle pensioni di guerra

Già una volta in passato ci siamo occupati di questo problema (v. il post: Chiusura delle DTEF e destino degli Archivi storici delle pensioni di guerra). Purtroppo sembra che nulla sia stato fatto per porvi rimedio.
Speriamo che non sia già troppo tardi per salvare il patrimonio documentale costituito dagli archivi storici delle pensioni di guerra, speriamo che il Presidente della Repubblica sia ancora in tempo a fermare la frettolosa superficialità del facile smantellamento, a favore di una responsabilità consapevole e costruttiva.
Mettiamo volentieri a disposizione dei colleghi, giustamente preoccupati, uno spazio per dare maggiore visibilità al problema, pubblicando una petizione al Presidente Giorgio Napolitano perché questi archivi vengano dichiarati al più presto "Patrimonio storico documentale protetto".

Ancora una volta, infatti, a prescindere da ogni altra considerazione, sembra sfuggire a molti che quello che apparentemente si presenta come un problema, potrebbe invece rappresentare una risorsa preziosa. A patto di non essere miopi.
Il nostro Presidente, fortunatamente, non lo è. Speriamo che la petizione lo raggiunga.

__________________________

Al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano
Con questa petizione si intende richiamare l'attenzione della S.V. sugli archivi relativi alla pensionistica di guerra, la cui integrità e corretta custodia è attualmente minacciata a  causa del duplice ruolo che essi rivestono al tempo stesso, di archivi correnti e di fonte storica per molti versi unica e insostituibile
Essi raccolgono, infatti, documentazione di vario genere relativa a tutti i conflitti che hanno visto coinvolto lo Stato italiano nell'ultimo secolo (vale a dire per due terzi della sua esistenza), ma costituiscono ancor'oggi la base di lavoro per l'attribuzione di benefici di vario tipo previsti dalla normativa vigente in favore di quanti, militari o civili, abbiano subito danni alla salute o alla integrità fisica a causa di tali conflitti ovvero a causa dell'applicazione di norme persecutorie, per motivi politici o razziali (e, naturalmente, in favore dei familiari di tali soggetti).
La presente iniziativa intende segnalare la necessità di contemperare le seguenti contrapposte esigenze:
1.     Salvaguardia e corretta conservazione da un punto di vista storico-documentale del materiale posseduto
2.     Garanzia di esercizio della attività operativa corrente di tipo amministrativo, connessa all'applicazione della normativa vigente;
3.     Tutela della privacy degli interessati e loro aventi causa;
4.     Regolamentazione degli accessi a fini di studio al materiale conservato.
Si tratta di archivi imponenti, non soltanto da un punto di vista qualitativo, ma anche da un punto di vista quantitativo (oltre sei milioni di fascicoli).
In essi è racchiuso infatti uno spaccato di storia italiana che riguarda tutto il Paese, poiché non ha per oggetto soltanto la storia raccontata dalle battaglie e dai trattati, ma anche quella vissuta dalla gente comune, vincitori e vinti: dai “ragazzi del ’99", ai bambini infortunati per aver giocato con ordigni o residuati bellici, a uomini che hanno inseguito la libertà, o creduto di inseguirla, combattendo su fronti opposti, quali i “volontari” e i militari della guerra civile spagnola, o ipartigiani e gli aderenti alla Repubblica di Salò, a persone la cui unica colpa era quella di appartenere alla razza ebraica, ai perseguitati per le loro idee politiche, agli italiani, civili e militari, internati nei campi di sterminio nazisti KZ, ecc.
A parere di chi scrive, le obiettive difficoltà di gestione di archivi di una tale mole e contenenti dati particolarmente sensibili (e proprio per questo motivo, in quanto “archivi correnti”, ancora sottratti, per lo più, all'accesso degli studiosi), giustificherebbero in proposito l'adozione di una misura di carattere eccezionale, per la salvaguardia, la corretta custodia e la catalogazione del materiale, nonché per un accesso regolamentato e rispettoso della privacy di tutti gli interessati e loro aventi causa, da parte degli studiosi.
Al contrario, proprio una serie di misure di razionalizzazione mirate alla ottimizzazione delle strutture destinate ad ospitarli e al risparmio di risorse pubbliche, che prevedono il probabile trasferimento (e forse lo “snellimento” con un pesante ricorso al macero) di tali archivi, minaccia oggi la loro integrità
Per i motivi suesposti i sottoscritti firmatari
CHIEDONO
Alla S.V., in qualità di garante della Costituzione, ma anche di patriota ed ex combattente, di voler assegnare ai suddetti archivi del Ministero dell’economia e delle finanze, relativi alla pensionistica di guerra, la qualifica di "Patrimonio storico documentale protetto", vincolandone pertanto la custodia e la conservazione del contenuto al rispetto di tutte le norme previste nel Codice dei beni culturali e ambientali; assicurandone l'accesso a terzi per motivi di studio e di ricerca soltanto previa accettazione del Codice di autoregolamentazione previsto per gli archivi storici dal Garante della privacy, al fine della salvaguardia della riservatezza dei dati di tutti i beneficiari attuali o potenziali;favorendo tutte le iniziative dirette alla catalogazione e repertazione del materiale a fini di studio; ed infine impedendo la frammentazione degli archivi stessi ovvero il macero della documentazione ritenuta irrilevante a fini amministrativi ma potenzialmente preziosissima a fini storici.
Roma, 2 ottobre 2012
RSU
Direzione Centrale dei Servizi del Tesoro

giovedì 9 agosto 2012

Spread su, Italia giù

Ovvero: Chi disprezza compra


E' vero che uno Stato, come una famiglia, non può vivere al di sopra delle proprie possibilità  indebitandosi perennemente. Ma è anche vero che uno Stato, come fa un capofamiglia con i propri cari, deve proteggere i cittadini dai malintenzionati, dai profittatori, dai lupi e dagli sciacalli che nei soggetti deboli vedono facili prede. Dubitiamo che questo si stia facendo.
 
Il debito pubblico italiano è effettivamente enorme, ma diffondere voci allarmistiche quanto infondate (lo dimostrano dati obiettivi solitamente sottovalutati o pubblicati in sordina) sulla solvibilità dell'Italia ha l'effetto di costringerci a pagare interessi più alti e quindi a moltiplicare questo stesso debito.  A chi giova? Chi ha interesse a farlo? E' semplice: quelli che ci guadagnano, a cominciare proprio da quegli Stati che detengono la maggior parte del nostro debito collocato sul mercato internazionale, tipo la Germania.

La spirale perversa nella quale ci troviamo ora ha avuto inizio nel momento in cui l'allora ministro dell'Economia Tremonti annunciò al mondo che con le misure economiche da lui approntate l'Italia avrebbe ripagato il suo debito in poco tempo (addirittura entro il 2013, se la memoria non ci inganna). A sostegno delle sue affermazioni aggiunse che anche se lo Stato italiano era fortemente indebitato, gli italiani avevano da parte un gruzzolo ben maggiore come risparmio privato. L'intenzione era quella di rassicurare i mercati, in realtà siamo diventati più appetibili per gli speculatori internazionali.

E' stato come se qualcuno avesse annunciato al mondo di avere un tesoro in cassaforte, attirando l'attenzione di tutti i ladri del vicinato.

mercoledì 11 luglio 2012

Chiamiamoli "Plus", Eurobond "Plus"

Quando si tratta di debiti, è naturale che nessuno voglia accollarsi quelli degli altri, tanto più se il debitore pare avere le mani bucate. In sintesi è questo il motivo principale per l'ostracismo dei Paesi del Nord Europa, e della Germania in particolare, nei confronti dei cosiddetti Eurobond, intesi quali veri e propri titoli di debito pubblico comunitario, destinati a sovvenzionare i risultati negativi di "avventate" politiche economiche nazionali.

Negli ultimi tempi i rappresentanti dei singoli Stati della Comunità Europea si sono dati molto da fare per accordarsi su strumenti condivisi di "salvataggio" dei Paesi più indebitati, stando molto attenti, però, a non rimanere direttamente coinvolti nelle situazioni debitorie altrui.

Al tempo stesso si fa un gran parlare  di affiancare il risanamento dei bilanci ad adeguate misure destinate alla crescita, senza le quali rischiamo di veder precipitare  la nostra vecchia Europa verso una povertà totale.

Le misure destinate alla crescita, però, presuppongono investimenti, che nessuno Stato europeo seriamente indebitato (e non soltanto il nostro) può permettersi di fare, indaffarato com'è a tagliare ovunque spese per pagare interessi sempre più esosi (ma sì, diciamo pure da usurai!) per i propri titoli del debito pubblico.

Perché, allora, non destinare alla crescita, e soltanto a quella, l'emissione di specifici Eurobond, ovvero di Eurobond "plus", come li abbiamo chiamati (ma il nome ha poca importanza), finalizzati a finanziare soltanto la ricerca di alto livello in ambito comunitario?

Sappiamo già che nessuno Stato della CE è in grado di competere con i Paesi orientali per quanto riguarda la produzione di beni di largo consumo e  di livello medio basso a costi bassissimi.
Possiamo essere, però, molto competitivi per quanto riguarda la ricerca scientifica di alto livello, in tutti i campi. Perché non sfruttare da subito, e meglio di quanto è stato fatto finora, queste potenzialità, questa preparazione scientifica di alto livello, anche se i risultati potrebbero non essere visibili nel breve periodo?

lunedì 28 maggio 2012

Modifiche in vista per la legge Pinto

(Pubblichiamo in calce il testo aggiornato della "legge Pinto", modificato successivamente a questo post)

A proposito di proposte sensate sui tagli alla spesa pubblica, avevamo già suggerito in questo blog di alleggerire il carico delle Corti d'Appello dalla copiosa mole di lavoro derivante dall'applicazione della cosiddetta "legge Pinto", modificando l'iter dell'indennizzo in una semplice procedura amministrativa.

Il 23 maggio scorso in Senato (senza nostro merito, beninteso),  la 2^ Commissione permamente (Giustizia) si è riunita in sede referente per l'audizione e la pubblicazione dei documenti acquisiti relativamente al DDL n. 3125, che prevede modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89 sull'equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, vale a dire proprio la cosiddetta "legge Pinto".

Il resoconto dei lavori della Commissione  non è ancora disponibile sul sito del Senato, ma è possibile leggere il testo del Disegno di legge.

A dire il vero, il testo del DDL 3125 disegna uno scenario un po' diverso da quello  che avevamo in mente quando abbiamo pubblicato il nostro post, ma abbiamo una mentalità aperta e disponibilie al dialogo e al confronto. Per questo motivo, ci piacerebbe raccogliere qualche parere o suggerimento prima di tirare le somme.
Come al solito aggiorneremo il post con il materiale che dovesse rendersi disponibile nel frattempo.

 Link utili

Tagli alla spesa pubblica e legge Pinto - Post del 13/10/2011 

 Dal sito del Senato:
Scheda generale  DDL 3125
Scheda trattazione in Commissione DDL 3125
Testo ed emendamenti DDL 3125
Scheda trattazione in sede consultiva DDL 3125

 Altri link qui

Riportiamo di seguito il nuovo testo della Legge Pinto, integrato con le modifiche di cui all'art. 55 del D.L. 22-6-2012 n. 83, intervenute successivamente a questo post.(v. anche qui)

L. 24 marzo 2001, n. 89 (Pubblicata nella Gazz. Uff. 3 aprile 2001, n. 78.)
Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell' articolo 375 del codice di procedura civile.

giovedì 13 ottobre 2011

Tagli della spesa pubblica e legge Pinto

Una proposta concreta
L'Italia è stata ripetutamente condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, a causa della irragionevole durata dei processi nel nostro Paese.
Apparentemente, la cosiddetta "Legge Pinto" (dal nome del senatore primo firmatario della proposta), avrebbe posto un rimedio a questa situazione, riconoscendo il diritto del cittadino ad essere risarcito per il danno provocato dall'eccessiva durata dei processi ed attribuendone al giudice la quantificazione.
Abbiamo detto, però, "apparentemente", e vediamo di spiegare il perché.

E' opportuno chiarire, innanzi tutto, che non abbiamo intenzione di contestare il diritto dei cittadini ad essere risarciti per i danni prodotti da processi ingiustificatamente protratti nel tempo, né tantomeno mettere in discussione i principi della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo.
Ci chiediamo, però, se la soluzione adottata dal nostro legislatore sia effettivamente quella più razionale o, per meglio dire, la più efficace ed efficiente (tanto per usare due termini tanto cari agli odierni riformatori della Pubblica Amministrazione).